Intervista
I Folletti non esistono
Checco, l’ex cantante de “I Folletti della Foresta” ci racconta del suo "Progetto Herpes Paranoico"
a cura di Lorena RamondaLi abbiamo visti esibirsi su un palco per la prima volta a SUONI EMERGENTI 2005 e, anche se la loro bravura non eccedeva nel confronto con gli altri gruppi partecipanti al concorso, di sicuro “la band di Checco” ha trovato il modo di farsi ricordare e apprezzare, tanto dice anche il premio della critica vinto proprio in quest’occasione.
E in effetti, loro, I Folletti della Foresta, sanno come attirare l’attenzione degli spettatori: l’eccentrico personaggio, cantante del gruppo, Checco, colpisce per le sue esibizioni, come quando, con la partecipazione al “gioco” del bassista, tira in ballo il quarto appartenente alla band, conosciuto come Cubo (nient’altro che un cubo di compensato O_o, ndr), rendendolo il personaggio principale, oppure il batterista che entra in scena con uno stravagante cappello da giullare che puntualmente non manca mai nella scenografia.
Cubo e cappello li hanno accompagnati anche al Nuvolari dove, questa volta, abbiamo prestato maggiormente attenzione alla musica proposta, caratterizzata da testi ilari, almeno all’apparenza, e da incalzanti ritornelli tormentoni che ancora a fine concerto si canticchiano.
Tutto questo accadeva nel 2005. Ora la formazione dei Folletti e stata un pochino cambiata, disfatta, chiusa e morta.
Come ci ha raccontato Checco nell’intervista che segue.
“I Folletti non esistono”, si legge da qualche mese ormai su Co.Mu.C. nella biografia della band con un frase che sembra quasi raccontare ad un bambino già grande “Smettila di credere alle favole”. I Folletti della Foresta si sono quindi estinti? Si può dire perché?
Si può solo dire “i folletti non esistono”, un po’ come per le fate. Ogni volta che si dice che una fata non esiste, muore una fata nel mondo.
So che però ci sono in cantiere altri progetti. Prima di parlarne, però, volevo ripercorrere un attimo con te la storia del gruppo. Dopotutto nel 2005 si è spesso letto il nome di questa band nei palinsesti della musica emergente cuneese. Intanto il nome, piuttosto singolare, da dove nasce?
Prima dei Folletti facevo parte di un’associazione fondata da me e un paio di amici coetanei chiamata SOS che si preoccupava di organizzare concerti ed eventi di interesse sociale. Al SOS conobbi tanta gente e iniziai a suonare il basso in un gruppo, i Senza R’Impianto. I Senza R’Impianto erano sempre un po’ instabili: una volta non c’era uno, una volta non c’era l’altro, e trova il batterista, e trova un altro chitarrista; al che venne a suonare un certo Paolo Modena alla batteria. Successe così che io e Paolo, staccatici dal gruppo, fondammo i Folletti della Foresta, insieme a Simone Saccardi.
Il nome nasce proprio all’interno del SOS, che, in fondo, era anche una banda di amici festaioli e tra loro avevamo un amico sempre ubriaco che, quando gli chiedevamo perché beveva, lui rispondeva: “È colpa dei folletti della foresta”. Alla fine eravamo noi a farlo bere, quindi due più due: quattro.
Bello. Una decisione sofferta, vedo.
Più o meno.
I Folletti facevano solo pezzi propri in italiano, giusto?
Sì, assolutamente. Abbiamo iniziato con pezzi nostri ed un paio di cover, ma poche.
Per quanto riguarda i testi, invece, da quel che ricordo erano abbastanza sul comico-surreale. Che mai questa scelta?
Comico è quel che credete voi.
La gente a volte pensava che certe cose dovevano far ridere invece era solo la mia faccia che rendeva tutto comico. Uno o due canzoni erano per ridere, con le altre ci ridevamo sopra.
C’è una canzone che per tutto il tempo dice: “Hai presente l’acqua per il pesce, dico hai presente l’acqua per il pesce?”. La gente rideva pensando a uno che deve pisciare, invece parla di quanto può essere importante una persona per me, chiedendole. “Hai presente l’acqua per il pesce”. L’acqua per un pesce è tutto, nell’acqua respira, vive, si nutre. Ma soprattutto vive.
Un’altra canzone, ad esempio, parla di un uomo che sta per essere giustiziato e si senta in colpa di morire perché morendo pensa che poi l’uccisore avrà un peso sulla coscienza, quindi morendo si sente cattivo. Pensa: “se non morissi, lui non sarebbe un assassino”, ma poi si rende conto che è una cretinata e pensa che a doversi preoccupare a non uccidere è il “boia”.
Il pezzo s’intitola “L’eseguito” ed è quello che si può ascoltare sul blog (http://ifollettidellaforesta.ilcannocchiale.it, ndr.):
Sparami e mi sento vuoto
Sparami e mi credo ciuoto
Domani aspetto cosa credo?
Domani forse non vedo
Non mi sembri affatto preparato
Cosa dici? Sono stonato?
Ma mi sembra di rubarti
La tua gioia essenziale
Chiedimi di essere buono
Io chiedo di essere buono
Giuro forse adesso non me ne andrò
Dicevo appunto sono buono
Ma tutto ciò mi fa strano
Non devo mica chieder perdono
e mi sembra che devi essere tu
a dover essere buono
praticamente è il giustiziato (l’eseguito) che parla al boia.
Come si può definire la musica dei folletti?
Bistu.
Bistu?? O_O
Noi (Simone, Paolo ed io) lo abbiamo definito bistu.
Noi siamo stati un gruppo bistu.
Interessante, ma... per i comuni mortali?
Pop. Una volta durante l’iscrizione ad un concorso, abbiamo scritto pop-rock psichedelico (bistu).
La line-up è dunque rimasta invariata?
No, in realtà ci sono stati vari cambiamenti. A Simone, bassista, sono seguiti Mimmo, con il quale nel gennaio 2004 abbiamo registrato il primo demo “La Valigia”, Eleonora, che rimase fino alla fine del 2004, e, ultimo, Terna (Roberto Ternavasio, ndr.). In quest’ultimo set up ci hanno aiutato, appoggiato ed ispirato Alandreluste, Fagetz, Fuh, Ruggine, Senza R'impianto (che in teoria esistono ancora), Firestorm, Cani Sciorri, Clan d'Est, Sanche Circus e molti altri. Con Roberto, nel maggio 2005, abbiamo registrato il demo “Cosa faresti per quattro euro?” con Francesco “Frankie” Groppo.
Come la maggior parte dei musicisti, chi inizia a suonare lo fa generalmente in giovane età, o perché si ritrova una chitarra polverosa in casa o perché persegue manie da star. A te, com’è balenato il pallino della musica?
Penso sia scappato, un po’ come un rutto. Forse mi hanno coinvolto due cassette che mi sono capitate in mano grazie a mia sorella: un greatest hits dei Beatles e “Last concert in Italy” dei Nirvana. Tutto questo quando facevo 5° elementare. Prima di allora mi ricordo solamente la Gam Gam Compilation, Fivelandia, una canzone che s’intitolava “Don’t want a short dick man”. Mi ricordo gli 883, Fiorello, Take That e altre canzoni post anni 80, tipo Ace of Base. Tutto ciò prima delle fatidiche cassette che hanno dato una grossa svolta.
Poi volevo iniziare a suonare la batteria e quindi mia madre mi iscrisse ad un corso di... CHITARRA. Grazie all’insegnante, chitarrista degli Alautartica, e a mia sorella, che faceva il corso con me (e quindi proponeva musica decente), conobbi il brit pop: Verve, Oasis, Radiohead, gli americani come i R.E.M., imparai a suonare i Pink Floyd, etc... Verso i primi anni delle superiori mi infognai nell’elettronica tipo Aphex twin, Daftpunk, Underworld, la versione psichedelica di Demon Albarn (cantante dei Blur).
Nel 1999 comprai il disco dei miticissimi Verdena e fu allora che creai il mio primo gruppo i Red Led, cover band decisamente agli esordi.
Parecchie influenze, dunque. Tu, invece, ora, abbandonando i Folletti, so che stai già lavorano ad un altro progetto.
Per fare chiarezza, si tratta, però di un progetto o proprio di un’altra band?
Un po’ tutto. Diciamo che sto registrando qualcosa con un paio di collaborazioni di amici vari e poi vediamo.
Progetto Herpes Paranoico, questo il nome. Progetto solista o band vera e propria? Ci saranno dei live?
Spero. La band sono io. Ma dal vivo spero in un paio, anche tre, persone. Ora sto lavorando ad un demo che avrà stranamente un titolo in inglese. “Left Hand Right Hand”, mano sinistra mano giusta (o destra)... giochino di parole.
Il titolo vuole essere una critica a tutta quella gente (sembra strano) che ancora critica i mancini, soprattutto nello studio della chitarra negli istituti classici, e una critica a chi, fino a 30-40 anni fa, correggeva i mancini perché credeva che la mano sinistra fosse la mano del demonio.
Certo che però un nome più strano...
L’herpes è fastidioso, crea paranoia. Io sono fastidioso. Creo paranoia.
A questo punto, Checco ci fa ascoltare in anteprima un pezzo strumentale
«alle chitarre acustiche: checco
al glockenspiel: checco
al tamburello: checco
2° chitarra: checco
mixato da checco
registrato in camera da checco tipo un paio di mattine durante un paio di malattie a casa mia»
che parte subito con un incalzante ritmo allegro intervallato da pause armoniche in cui le sole chitarre si accavallano e si susseguono sovrastate dal tintinnio del glockenspiel che conferisce al pezzo un’aria quasi natalizia.
CHECCO: A parte i titolo, tutto avrà un proprio differente significato. Adoro i concept album, tutto ciò che faccio volendo possiamo definirlo un concept. Questo però lo chiamerei più che altro greatest hit e qualche piacevole altro pezzo.
Per quale motivo fai musica? Aspiri ad un futuro serio nel campo? Vuoi solo divertirti? O divertire? Oppure portare in giro dei messaggi?
Un futuro serio nel campo non sarebbe male, ma forse non fa per me, sarebbe fico però.. chissà. Divertimi e divertire? C’hai troppo preso! Ovvio, le retribuzioni non fanno mai male, ma se c’è da divertirsi... Portare in giro dei messaggi è una cosa bella, ma prima di portare messaggi bisogna riuscire ad avere un minimo di “successo”, ovvero avere qualcuno, che non sono solo gli amici, che ti ascolta.
In ultimo, una domanda che faccio a tutti: cosa ne pensi della realtà musicale cuneese?
La musica nel cuneese negli ultimi tre anni è cresciuta molto, si è “fatta sentire”. Molti gruppi spaccano veramente tanto, altri però spaccano le balle, ripetendo cosa già sentite da quelli che “spaccano”. È un piccolo circolo vizioso. Prima in provincia di Cuneo non c’era nulla o per lo meno non emergeva nulla. Agenda Rock ha aiutato molto noi giovani musicisti facendo conoscere a tutti cosa facciamo e dove suoniamo.
Mi piace come sta andando il rock cuneese, un casino, ma bisognerebbe non considerare sempre il fatto che uno che suona è per forza bravo. Siamo pieni di incapaci che riempiono i palchi, troppi incapaci, e ora non parlo delle cover band.
Finisce così la nostra intervista, con la curiosità di poter sentir presto cosa scaturirà dal nuovo progetto di Checco e con un’unica sola certezza: “I Folletti non esistono”. La verità è che ci manca un “più” perché ci possiamo credere appieno.