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Numero di uscita: 42 | mercoledì 9 gennaio 2013

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 Intervista

Il Nuvolari Libera Tribù diventa maggiorenne

18 anni di musica, arte, progetti e sogni
a cura di Lorena e Claudia Ramonda
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AGO 17 2010

"Eccoci d'un tratto maggiorenni. Diciotto anni di Nuvolari, mica palle" così si apre la lettera di Alberto Castoldi riportata in ultima pagina sul book di quest'anno.
E allora noi di Be Urself abbiamo voluto ricalcare la storia con lui di un posto-evento che è ormai l'appuntamento musicale e culturale più atteso di ogni anno. Diciotto anni non sono pochi soprattutto se si parla di sopravvivere in una città come Cuneo.

Passato

Come nasce l'idea di costruire il Nuvolari? Chi c'è alla base di questo progetto?
Il Nuvolari nasce nel 1988, concretizzando un'idea di qualche anno prima, da sei amici, di cui due miei compagni di scuola, un ragazzo che avevo conosciuto durante il militare e un altro che era un consigliere comunale con me (perché allora ero consigliere comunale), che avevo, diciamo, coordinato io, sulla base di un'esperienza che ho vissuto guardando i circoli che stavano nascendo a livello nazionale, il più vicino di questi era l'Hiroshima Mon amour di Torino.
La mia idea era di fondare un club, ed è così che nasce in via 7 Assedi, dove adesso abbiamo la sede, col nome Nuvolari dall'esigenza dell'architetto che aveva ristrutturato questo piccolo locale, con l'idea di fare le tessere dove la gente entrava, beveva la birra e mangiava, ma assisteva comunque sempre ad un evento, tipo un video, un film, un concerto... chiaramente in uno spazio di 120 metri quadri, quindi una roba piccolina. Aveva, però, avuto talmente tanto successo che avevamo fatto qualcosa come 2500 tessere in un anno, una cosa assolutamente innovativa, parlando del 1988. È stato il primo locale del genere a Cuneo. Ci siamo gestiti così per due anni e avevamo fatto anche dei capodanni che avevano funzionato se non che, dopo due anni, uno del gruppo aveva deciso di sposarsi e rischiavamo di chiudere. Allora avevo chiesto ai giovani che frequentavano maggiormente lo spazio una mano. Tra questi c'era quella che ora è mia moglie e Cristiano Godano, che aveva appena iniziato a suonare, e abbiamo fatto una cooperativa che ha gestito quella roba lì per un anno. Nel frattempo l'Istituto Bertello di Borgo, dove si stampavano i biglietti della SIAE, stava dismettendo e veniva utilizzato per fare la Fiera Fredda. Avevo allora chiesto di poter utilizzare lo spazio i 15 giorni sucessivi sfruttando gli allestimenti già fatti. Il sindavo di allora mi aveva detto: "Fai pure". Ci eravamo così sbizzarriti a fare una programmazione di 15 giorni a cavallo tra dicembre e gennaio dove facemmo delle cose grosse, quelle che poi si rivelarono essere cose grosse.. per dire la prima volta gli Africa Unite, i Mao Mao, i Fratelli di Soledad, poi avevo collaborato con Alberto Campo e Guido Chiesa con i suoi film sugli Assalti Frontali, poi avevo preso Antonio Albanese che aveva fatto Su la testa!, faceva quel personaggio Alex Drastico ed Epifanio e fu un successo incredibile. Poi io, amante dei fumetti, decisi di allestire lì vicino la mostra di Dylan Dog che fu, a detta di quelli che l'allestirono, l'allestimento più bello per Dylan Dog con tutti i disegnatori, da Tiziano Sclavi a Chiaverotti. Insomma facemmo un'operazione dove, come minimo, avemmo 1000 persone a sera... una roba strabiliante... e incassamo dei bei soldini che tenemmo da parte. Andai poi in comune dicendo "Io non sono più consigliere comunale, questa roba qua ci esplode in mano, il circolo è troppo piccolo per fare certe cose"... fatti il conto quando suonavano i Marlene Kuntz, cioè ..lì dentro ci stavano 150 persone pressate come delle sardine... "Ho bisogno di uno spazio più grande". Abbiamo così fatto un giro per Cuneo delle proprietà dell'amministrazione e questa, l'attuale Nuvolari, era un'area dismessa già da tanto tempo. Era stato un tiro a volo ed in parte era anche diventato una discarica (di cui si son conservate le tracce a mo di monumento, ndr.). Era perciò una zona completamente abbandonata che abbiamo risistemato e il primo anno, il 1993, avevamo fatto soltanto una striscia di legno coi pallet, il bar centrale era già così e c'erano i bagni, punto. I pali della luce ce li facemmo regalare, era un insediamento assolutamente primordiale. Come chiamarlo? Lo chiamammo Nuvolari perché eravamo lo stesso gruppo che aveva fondato il Nuvolari, Libera perché si poteva accedere senza tessera e Tribù perché era nato un nuovo sistema di cooperativa. Ora di quel gruppo siamo rimasti tre: io, mia moglie e Guido, un ragazzo che adesso fa il sotto-segretario e quindi ha altri impegni.

Tra le aspettative iniziali c'era quindi il desiderio di creare uno spazio per i giovani?
Le aspettative iniziali.. io presentai un progetto in comune in cui dissi "Noi non sappiamo cosa andiamo a fare, però concedeteci questo spazio". Il Comune ce lo diede gratuitamente in cambio di tutte le opere che venivano fatte, quindi noi abbiamo investito tantissimi soldi e tutta questa roba qua, qualora venisse meno il rapporto con il Comune, rimane al Comune e ci tengo a dire che noi non abbiamo avuto un contributo per fare questo. Addirittura qui mancava l'acqua, abbiamo fatto i collegamenti con l'energia elettrica, per il primo anno siamo andati avanti con un generatore di corrente che illuminava.. Il palco era piantato in mezzo al verde e poi, quell'anno lì, siam partiti il 23 di luglio e non sapendo a che cosa andavamo incontro siamo andati avanti fino all'inizio di ottobre, così.. ma facendo pochi concerti, cioè era molto spazio per incontro.. aperto tutti i giorni perché dovevamo pagarcelo, noi lavoravamo gratis per tirarlo su, e alla fine dell'anno avevamo avuto un grosso successo. L'anno successivo avevamo deciso di costruire la copertura perché avevamo già dei problemi, la gente si lamentava del rumore, e allora avevamo deciso di coprire questa roba qua e di costruire non solo il palco coperto, ma l'area spettacolo coperta e la pizzeria perché, siccome non riuscivamo a trovare nessuno che ci facesse una convenzione poco costosa per dar da mangiare ai gruppi, abbiamo pensato di prenderci un pizzaiolo, Claudio, arrivato il secondo anno, aveva 18 anni allora. Da quando è arrivato lui le cose son cambiate, nel senso che abbiamo dato un taglio.. cioè questa roba qua è diventata un impegno sempre più grande fino ad arrivare a oggi..

Quali sono stati i successi più grandi?
Allora la scena era molto viva, molto interessante, erano tutti gruppi che non riuscivano a essere presi in considerazione dalle major e dai grandi gruppi discografici perché la musica, quella ufficiale, era quella che si suonava a Sanremo e quindi Sanremo era la base di tutto, e tutto quello che stava al di fuori di Sanremo era autoprodotto e c'erano, perciò, questi ragazzi che giravano con queste cassettine, te le portavano in ufficio, te le spedivano e ti dicevano "Vogliamo suonare" e si accontentavano anche di poco insomma. Poi la scena è cambiata talmente tanto che questi gruppi sono diventati sempre più importanti, le produzioni sempre più impegnative e quindi.. io ho fatto suonare i Subsonica qua la prima volta, mi ricordo che il cachet era 300 mila lire. Adesso non bastano 50 mila euro per farli suonare.

Eravate partiti facendo suonare i gruppi emergenti della zona?
No no, anche di Torino. C'era una scena di Torino molto interessante: i Persiana Jones, gli Africa Unite, i Mao Mao, i Fratelli di Soledad. C'era la scena di Milano: Afterhours, Casino Royale. Poi c'erano delle scene un po' sparse per il mondo che erano molto legate alla presenza dei centri sociali, ad esempio a Napoli c'erano i 99 Posse, gli Almamegretta... Erano tutti cresciuti in questi centri sociali che sono stati per anni gli unici luoghi dove si poteva ascoltare questa musica.

Ci sono delle cose che avreste voluto fare, ma che non siete riusciti?
Noi abbiamo presentato già 10 anni fa un progetto dicendo "L'evoluzione del Nuvolari sarebbe poterla trasformare in una cosa permanente". Ci piacerebbe, usando il terrapieno che c'è sopra al Nuvolari, fare una Casa dell'Arte. È un progetto che abbiamo già modificato e sviluppato cento volte coinvolgendo molte realtà che sono cresciute, però qua si stenta a partire. Insomma, inutile che ti ripeta cose che sai già, sono troppi anni che aspettiamo quest'evoluzione, che secondo me potrebbe essere veramente una svolta, anche perché

queste città qui e questa provincia hanno dimostrato di avere un'originalità, una creatività che da poche parti vedi
, cioè noi in questi anni abbiamo dato i natali ai Marlene Kuntz, a Gianmaria Testa, ai Lou Dalfin, tutti gruppi che sono nati qua e poi si sono allargati, cresciuti, hanno fatto la loro strada. Adesso c'è una scena di tanti gruppi che potrebbero potenzialmente fare delle cose ma che avrebbero bisogno di un aiuto permanente. Quello che sto notando è che ogni anno, quando riprendiamo, vediamo la disabitudine di certe sonorità perché durante l'anno tu non riesci a sentirli da nessun'altra parte perché questa roba qui o è in qualche modo supportata dall'ente pubblico oppure non ce la fa economicamente a reggere; anche il Nuvolari non ce la farebbe se non ci fossero degli aiuti, tra l'altro noi li abbiamo molto piccoli gli aiuti, però sono essenziali, cioè senza quegli aiuti lì noi non riusciremo a programmare altro che cose che, sappiamo, fanno pubblico; di conseguenza serate come questa (martedì 13 luglio con Vessel, Il Grigio e Schneeflock, ndr.), quella del giovedì o quelle delle associazioni non ce le potremmo permettere perché una roba messa su un palco professionale come questo, aldilà del cachet che tu paghi, comunque sono sempre 3-4000 euro che spendi. Noi non ce la facciamo a rientrare, avendo 15 dipendenti, soltanto con le consumazioni che fanno i ragazzi. Questa è la verità.

Presente

A proposito della Casa dell'Arte, se ne parlava già otto anni fa o forse più. Ora finalmente, sembra, da quanto leggo sul book di quest'anno, che il progetto possa partire. È così?
Allora quattro anni fa, nel 2006, la regione Piemonte ha stanziato 97.500 euro per lo studio di fattibilità perché giustamente voleva essere sicura, voleva valutare sulla carta la fattibilità di un'opera come questa. Noi abbiamo dato un'idea che è stata poi recepita dal piano strategico della città e abbiamo un gruppo di associazioni che hanno aderito ecc.. che però parte da un assioma ben preciso "Voi costruiteci la Casa, al resto ci pensiamo noi" senza quella roba lì, senza la Casa, noi non riusciamo a reggere. Se io, da privato, dovessi affittare o comprare un capannone, allestirlo come voglio io, e farci un teatro, il film, finirei con l'essere sommerso dai debiti e fare la scelta che fanno tutti, andare sulle cose facili, andare sulle cose commerciali, andare sulle cose che ti garantiscono un'entrata sicura, mentre invece il nostro percorso è esattamente l'opposto, nel senso che ci piacerebbe far crescere, formare, come tutor una scena artistica, non soltanto musicale ma anche tutto quello che è intorno alla musica, tecnici audio, luciai e poi anche pittura, scultura queste cose qua in modo tale che abbiano un porto franco, dove possano crescere senza avere l'assillo del successo e anche i costi per mantenersi per vedere se, nel giro di due anni, uno ce la può fare. Non ho inventato niente, nel senso che nel resto d'Europa queste cose qua si fanno già da tanti anni. La Francia ha fatto una legge nel 1978 che istituisce un fondo a favore dei giovani artisti e tutta una serie di percorsi, di aiuti economici, a chi vuole avvicinarsi all'arte. In Italia questo non c'è. E da questo punto di vista la Regione ci ha perseguito. Chiaramente queste cose si fanno dove esiste già un'esperienza e Cuneo è abbastanza unica come esperienza, non lo dico soltanto io, lo dicono tutti i gruppi che ogni anno, da tutto il mondo ormai, vogliono venire a suonare qua perché sanno che questa oramai è una situazione storica, una presenza unica, un'esperienza che dura da 18 anni. L'altra sera parlavo con il ragazzo degli Apres la classe che mi diceva "Cioè... sono venuto a suonare 7 anni fa, non mi hai più chiamato, io ci sono stato male.. perché per me Nuvolari significa suonare nel luogo dove nascono le cose".

Ai tempi si parlava di Casa dell'Arte anche come una specie di univeristà...
Sì. Quello che vogliamo costruire non è soltanto, banalmente, un insediamento come questo. Vogliamo fare un luogo dove c'è anche formazione e crescita perché quello che ci viene riconosciuto ormai in maniera preclara, al di là della qualità artistica delle scelte musicali che facciamo ogni anno, è anche una valenza sociale molto importante. Noi a questa vogliamo aggiungere una valenza formativa. La valenza sociale la vedi con il fatto che qua vengono tantissimi ragazzi e, toccando ferro, non è mai successo nulla, nel senso che non è uniformabile a un locale tipo discoteca; non è mai volato uno schiaffo, sono tutti tranquilli, esiste la sicurezza per motivi di prevenzione, ma è una sicurezza assolutamente sotto traccia. Secondo me qua

abbiamo sempre svolto un ruolo di ammortizzatore sociale, nel senso di drenare un po' i bollenti spiriti, di fare sfogare anche a quelli che, magari, in un locale non possono entrare perché non hanno le scarpe belle, perché non hanno la faccia giusta, perché hanno i capelli a cresta, perché hanno troppi piercing, perché hanno un atteggiamento poco rassicurante, qua noi non guardiamo in faccia nessuno
, qui entra chiunque e se sta alle poche regole che diamo, cioè dello stare civile, non abbiamo mai dovuto espellere nessuno.
Per me la Casa dell'Arte sarebbe toccare il cielo con un dito e, al tempo stesso, raggiungere l'obiettivo da testone che mi sono dato nella mia vita. Questa roba qua non rende un tubo di niente, sono soltanto debiti. Questa iniziativa qua ha debiti perché è fatta con un taglio che non guarda al business. Molta gente ci accusa di essere miliardari: vengano a vedere i nostri conti, vengano a vedere i nostri bilanci, vengano a vedere gli stipendi che ci diamo, quando riusciamo a darceli. Poi noi per vivere facciamo anche altro, nel senso che durante l'inverno la nostra cooperativa fa distribuzione di volantini, cerchiamo di fare concerti in giro, fare consulenze per il Comune, collaboriamo per Scrittori in città, insomma un po' di cose le facciamo, però da gennaio a settembre è tutto dedicato al Nuvolari, ogni stilla di energia va qua, perché la programmazione, sembra una cosa banale, ma non lo è, è molto impegnativa, quadrare le cose, fare in modo che i segmenti combacino e soprattutto creare quell'opportunità di ricambio continuo di gente... Perché se noi lavorassimo soltanto per una nicchia saremmo già morti. Noi abbiamo bisogno che i bar lavorino, che la pizzeria lavori perché è l'unica nostra fonte di reddito oltre qualche contributo, che tra l'altro iniziamo a vedere che stanno iniziando a tagliare pesantemente, però io non voglio scendere di livello della qualità del Nuvolari, non voglio abbassarmi a fare cose che sono di poco valore, ogni concerto che fa il Nuvolari è strastudiato e, alla fine, il prodotto che viene fuori è sempre il migliore che uno potrebbe fare. Sì, ci sono dei gruppi che avrei voluto fare, ma non ne ho avuto il coraggio perché economicamente sarebbero stati un danno, però ci siamo levati qualche soddisfazione: fare la prima volta gli Almamegretta in Piemonte, allora era una novità incredibile, fare la prima volta Elisa quando non era nessuno, Carmen Consoli quando era stata scartata da Sanremo, aver fatto venire tanti gruppi stranieri, Anthony & The Johnson che adesso sono inavvicinabili: sei il primo che li porta e poi questi iniziano a salire di cachet...

Futuro

Ecco, come giustamente hai sottolineato ogni anno ci sono meno soldi. Come si prospetta allora il futuro del Nuvolari in un sistema politico che mette la cultura in ultimo piano?
Temo che i tagli non saranno solo sulla cultura, da come si stanno mettendo le cose. La situazione economica, se viene mantenuta questa impostazione e tutto il taglio viene scaricato sulle amministrazioni locali, ti posso garantire che salteranno anche altri servizi tipo la promozione, il turismo, i servizi sociali, i servizi di prevenzione, i trasporti per gli studenti agevolati e penso anche tutta la formazione, gran parte di essa, e magari anche certi servizi essenziali come gli asili nido cose di questo genere. Sprechi in tutti questi settori io li ho visti, compresi nella cultura. Non ho peli sulla lingua: ho visto delle cose che voi umani (?, ndr.) non avete idea, soldi buttati veramente nel cesso o cose sopravvalutate in una maniera pazzesca. Pensa che esistono in questo momento tre teatri a Torino che lavorano sull'avanguardia drenando milioni di euro. Io non discuto l'avanguardia, ma so che il mercato dell'avanguardia è molto piccolo e quindi se di tre ne fai uno non cambia assolutamente nulla, presidi in un settore importante e cerchi di dare il meglio con un solo festival anzichè farne tre. A Torino ci sono dei doppioni clamorosi, vedi dei festival estivi che sono la fotocopia uno dell'altro e sono fatti a 10 km di lontananza e tutti quanti finanziati, molto di più del Nuvolari. Ora il Nuvolari è unico in Provincia di Cuneo perché ha avuto la forza di resistere e di entrare nell'eccelenza regionale da sei anni a questa parte. Non abbiamo avuto soldi dalla Regione tranne un anno disgraziato come il '99 quando, di 90 giorni di programmazione che allora facevamo ancora, 62 furono di pioggia e di questi 62 ci furono 42 giorni di pioggia durante i concerti. Tu immagina cosa fu. Andai dal sindaco di allora con le chiavi del Nuvolari e dissi "Io ho già dato, mi sono mangiato una casa.. fate voi che siete bravi, io non so più da che parte cominciare". E allora, con il cappello in mano, il sindaco di Cuneo e il sottoscritto andammo in Regione, dove tutti gli anni ci dicevano "Ci dispiace, ma anche quest'anno non possiamo darvi nulla" e l'assessore di allora mi guardò e disse "Eh ma potevate dirlo!". "Come potevamo dirlo? Aspettavate che morissi perché la cosa potesse funzionare, io più che fare le domande, non posso fare. Poi se voi dite che non va bene, pazienza, faremo a meno. Sappiate che quest'anno perdete il Nuvolari, magari a voi non ve ne frega nulla, però questa è la situazione". E allora l'assesore inziò a dire "Ma sì, adesso vi aiutiamo" e da allora siamo entrati un po' nell'eccelenza regionale. Quest'anno è il primo anno da quel 1999 di cui parlavo, che noi, come tutti gli altri, siamo partiti al buio, senza sapere se ci sarà un minimo di aiuto o pure no e conta che negli ultimi due anni la Regionde Piemonte ci ha dato 40.000 euro, una cifra che basta per pagare l'amplificazione, il book del Nuvolari, la grafica, il sito e forse la birra e l'acqua minerale che diamo ai gruppi o poco di più. Tutto il resto dobbiamo cavarcela da soli: abbiamo il Comune che ci da una piccola mano, le fondazione bancarie che ci danno una mano un pochino più sostenuta, però siamo a un'economia che, per dire, io raccolgo 1/3 di quello che mi serve, tutto il resto lo devo produrre. A Torino per anni si sono abituati ad avere l'80/90% di quello che serviva. La situazione comunque è molto grave, non sappiamo quest'anno come si chiude e le prospettive per il prossimo anno se rimangono così come sono sarà veramente un grosso problema.

Si conclude così l'intervista ad Alberto Castoldi, con quella stessa amarezza che ogni anno ci lascia il Nuvolari a fine stagione. Mi auguro che queste parole, che gridano aiuto, giungano nelle mani giuste perché "è vero, nessuno si sfama a base di dischi e libri, ma questi fanno la differenza tra noi e il resto animale" e, io aggiungerei, questi fanno la differenza tra una persona completa e una a metà. Perché, che lo ammettiate o no, senza i sogni non siamo nulla. E un mondo senz'arte è un mondo senza sogni.
Cuneo ne ha bisogno.
Questo venerdì 20 agosto e sabato 21 le ultimissime serate al Nuvolari. Di questa stagione soltanto, mi auguro.

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