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 Recensione

Un viaggio dietro ai cespugli della vita

Weeds - Airportman

a cura di Danilo Picco

Esercizi creativi su pezzi di altri
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SET 17 2009

Ho sempre odiato le cover band, quelle che copiano un artista famoso e fanno fotocopie dei suoi brani.

Ma nello stesso tempo ho sempre amato chi interpreta i pezzi di altri e li fa propri in modo che non sono più né dell’uno né dell’altro e acquisiscono vita autonoma.

Là è sterile esercizio di copia-incolla, qui esercizio creativo, cioè arte.

Doverosa premessa, assunto indispensabile, antefatto al racconto.

E racconto dunque sia.

Un viaggio dietro ai cespugli della vita.

Dire weeds è un po’ come dire bush, ma grazie ad un (anzi a due) pirla qualsiasi il cespuglio nella sua accezione di bush non ha più tutta quella simpatia che poteva avere un tempo.

Quale simpatia poi possa racchiudersi in un cespuglio, a molti non è chiaro e forse neppure a me. Ma se lo si francesizza diventa brousse e allora mi ricorda un mio viaggio in terra d’Africa e allora mi diventa più simpatico e allora il ricordo di un viaggio può diventare un pretesto per parlare di viaggio e allora viaggio sia (tutto di un fiato così come è venuto questo scritto).

Un viaggio alla ricerca di pezzi del mio passato nascosti dietro ai cespugli della vita.

Cespugli inconsistenti che a guardarci dietro si vede tutto ma non si è mai visto niente, il segreto sta forse nell’occhio con cui si guarda o, come in questo caso, nell’orecchio con cui si ascolta.

Un viaggio che dura 28 anni, gli anni che separano l’incisione di un brano del giovane Matt Johnson alla sua reinterpretazione da parte di AirportCerasuolo.

No, forse non è corretto, non si tratta di AirportCerasuolo ma di Airportman e Tommaso Cerasuolo, due identità distinte che portano in questo viaggio tutto il bagaglio delle loro esperienze passate.

Ho avuto la fortuna di partecipare a questa storia (dall’altro lato del palco) più o meno dal suo esordio, dalle prime uscite live in due cavalli, o come direbbe Tomi in due cavallo, fino alla sera al Casseta Popular a Torino dove il progetto aveva ormai una sua chiara fisionomia. O forse era un’altra sera, non ne sono sicuro. In ogni caso il progetto era già esecutivo.

Ma questo è il loro di viaggio e non voglio rubarglielo.

Io sono qui per parlare del mio di viaggio.

Ovviamente non seguirò alcuna coordinata spazio temporale, non sono qui per quello. Un viaggio acquisisce un senso con l’andare e con le emozioni raccattate per strada. Tutto il resto è orpello.

E la prima di queste emozioni, forse la più forte, arriva dal pezzo più difficile. Uno degli ultimi disperati urli di dolore di Nick Drake che qui acquisisce addirittura maggiore cupezza e diventa una angosciante richiesta di aiuto. Quando il dark non è solo un modo di vestire o un modo di suonare ma un moto dell’anima allora Blak Eyed Dog può diventarne un manifesto.

E se questo viaggio mi ha riportato ai momenti bui (nel senso drakeggianti) della mia adolescenza e nello stesso tempo ai momenti bui (nel senso di bui sul serio) in compagnia di Nick Drake nella mia post-adolescenza dilatata all’infinito, il medesimo viaggio mi riporta ad un periodo in cui confuso tra un filo di mascara e una camicia new romantic scoprivo la piacevolezza del pop. Un’attimo di debolezza allora, una certezza ora, ma il primo disco di Lloyd Cole and the Commotion non l’ho certo dimenticato. E il brano 2CV colpisce forte nell’anima anche adesso, in questa versione sempre più scarna.

Ma se di new romantic si parlava, chi si ricorda ancora dei Fiction Factory, autori di un hit e poi spariti come meteore nel buco nero degli anni ’80? Di loro forse pochi ma di (Feels like) Heaven penso molti. All’epoca non l’ho amata, troppo commerciale per noi giovani post punk pre new wave (in realtà imberbi provincialotti che si riempivano le bocche con questi roboanti termini inglesi). Ora, saranno i ricordi, sarà la deliziosa introduzione di Theremin, ma il pezzo funziona più che mai.

E che dire della “cattiveria” dei Porno for Pyros che si stempera in una soffice visione casalinga di Pets?

Laggiù era un giro di basso e poi l’elettrica e la batteria che introducevano il cantato di Perry Farrel seguito poi dal coro della band, qui un’acustica ed un coro di bimbi (i figli di Giovanni) danno nuovo smalto e lucentezza al brano.

Presente e passato, ricordi e attimi di vita in fieri, e si ritorna indietro al 1981 quando un giovanissimo Matt Johnson inseriva la sua voce sulla fisarmonica in This is the Day. A quasi trent’anni di distanza Tomi si inserisce sulla diatonica di Pol e il brano sembra nato oggi. Sullo sfondo voci di passanti e quasi celestiali armonie vocali di Giovanni e Tibu.

Di dark si parlava, di pop si parlava e chi ne è il maestro per eccellenza se non Robert Smith? In Between Days apre questo viaggio: voce, chitarra e banjo per il singolo perfetto che nessun neo-acustico riuscirà mai a comporre.

Quale migliore biglietto da visita.!

Proseguo nel cammino e mi ritrovo sempre più io adulto con ricordi da ragazzino quando mi imbatto in un ragazzino con la voce e i ricordi da adulto, Micah P. Hinson e la sua Caught in Between. Una chitarra leggermente distorta si muove sullo sfondo del brano, quasi un sussurro il cantato ed è gia quasi tempo di proseguire il viaggio.

“Natural kind of joy", diventa una tenera ballata per innamorati dove la base di tastiere viene sostituita da un lieve accenno di harmonium. E così anche “That Petrol Emotion” ci accompagna per un pezzettino nella nostra strada.

Profumo di feste di liceo quando la sua versione remixata e dilatata ci faceva ballare e sentire Liverpool un po’ più vicina, profumo di semplicità in questa versione rallentata di The Killing Moon.

Il viaggio loro lo concludono con la voce della piccola Daria che fa suo un brano della piccola Polly, un’inizio di voce filtrata quasi dall’altra parte della stanza che poi si fa piena nel momento in cui entrano Giovanni, Tibu e Pol. Qui non c’è Tomi, è quasi un’affare di famiglia.

Ma io, il mio di viaggio, lo voglio concludere con il pezzo che non smetterei mai di ascoltare.

Paper Boats dei Nada Surf, gruppo che non conoscevo e che ho imparato ad apprezzare un po’ di tempo fa al Casseta Popular nella versione che si trova ora in questo cd. Sembra un brano scritto apposta per la voce di Tomi, ma non me ne vogliano i Nad Surf, mi convince di più la versione Airportman. E non me ne vogliano neanche i Cure, ma è questo il singolo pop perfetto per il nuovo millennio!

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