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Recensione di "Wars of the Roses" degli Ulver
Uno sguardo alla musica internazionale
a cura di Maurizio GriglioGarm e soci ci hanno ormai abituato a continui cambi di pelle. Dietro ogni disco degli Ulver si cela, infatti, un cambio stilistico degno di nota.
Questo nuovo platter della band norvegese non fa di certo eccezione. Le atmosfere rarefatte e delicate che avevano caratterizzato lo splendido Shadows of the Sun lasciano il posto ad una nevrosi che pervade tutto il disco.
Si parte con February MMX, traccia, per certi versi forse più vicina alle sperimentazioni sonore degli Head Control System (band con la quale Garm collabora in veste di lead singer e produttore). Segue l’ottima Norwegian Gotich, song intricatamente elettronica e di ambiente. Providence, a mio avviso il pezzo meglio riuscito di tutto il disco, ricorda le atmosfere del precendente capolavoro, traccia in cui il profondo Garm duetta con una delicata voce femminile capace di emozionare evocando tristi pensieri e momenti. September IV, England e Island scorrono piacevoli senza registrare cali stilistici o emotivi; arrivando alla lunga suite finale, Stone Angels, lungo monologo filosofico.
Il punto di forza di questo War of the Roses risiede nella sua capacità di mantenere alta l’attenzione dell’ascoltatore per tutti suoi i 46 minuti di durata, passando tra l’elettronica di Blood Inside, i Dead Can Dance più oscuri arrivando ai Pink Floyd più allucina(n)ti.
Un disco dunque, emozionante e carico di atmosfere dark, di difficile compensione per le menti meno aperte.Non di certo per ascoltatori medi (mediocri).
Un’altro capolavoro targato Ulver.
Voto 10/10
Tracklist:
February MMX
Norwegian Gothic
Providence
September IV
England
Island
Stone Angels