newsletter
Servizio
Il peso delle parole
Tra arte e cultura, tra nostalgia e riflessione, un disco poetico e disincantato che parla soprattutto d’amore.
a cura di Simone GarroL’ultimo lavoro solista di Alberto Franco fa discutere fin dal principio, e cioè dal titolo: “Un altro inutile disco” (sottotitolo “Le sorelle Rabbia e Nostalgia”). Verrebbe da chiedersi se e quando un disco è “utile”. Ma procediamo con ordine.
Per chi non lo conoscesse, Alberto Franco è probabilmente uno dei personaggi più eclettici e prolifici della scena musicale cuneese. Attivo già dalla fine degli anni settanta (uno dei periodi chiave della sua formazione musicale) suona in diverse formazioni (tra cui Spleen e Artemisia), passando per vari generi musicali, dal punk al post rock, dalla psichedelica al pop, sperimentando sonorità sia acustiche che elettroniche in più di trent’anni di carriera, nei quali trova il tempo per pubblicare anche qualche disco solista. Questa premessa è molto importante per collocare l’ultimo CD nel percorso musicale di Franco. Infatti il disco raccoglie questa profonda esperienza in dieci tracce mature e raffinate, che raccontano in sintesi le riflessioni, i ricordi e le passioni dell’autore, con testi emozionanti ed intellettuali al tempo stesso, accompagnati da musiche d’atmosfera arrangiate con gusto e con varietà, grazie anche alle numerose collaborazioni con musicisti illustri, quali il virtuoso pianista Marco Palermo (co-autore delle musiche di alcuni brani), Marco Giurisato, Ambra Falco, Franco Olivero, Frank Priola, Giuliano Scarso, Anna Petracca, Sergio Valerio e Fabio Regis.
Nell’ascolto incontriamo così romantiche atmosfere medioevali, ipnotici giri armonici di synth, melodiche soluzioni acustiche, ambientazioni artificiali e richiami alla musica classica, in un carosello di stili che sottolineano ognuno un aspetto diverso del pensiero “Franchiano”.
Pensiero intensamente espresso nella poesia dei testi. Franco parla con disinvoltura e sensibilità di storia, religione, filosofia, antropologia, letteratura e arte, analizzandole e ricollocandole attraverso il suo vissuto. Il disco è ricco di critiche e riflessioni sulla natura umana, sui comportamenti sociali, sulla paura e sulla voglia di trovare risposte alle grandi domande esistenziali. A tratti si percepisce anche un senso di malinconia e di rassegnazione per il tempo che passa e per l’ineluttabilità del destino, in un vortice di nostalgia e angoscia che coinvolge e travolge l’ascoltatore. Ma il vero messaggio del disco a mio avviso è un altro. In mezzo a tutte le paure, la rabbia e i rimpianti l’autore riesce sempre, in maniera sistematica, a parlare d’amore, senza retorica, senza buonismo. Nonostante l’apparente vena di pessimismo che si percepisce in superficie, in ogni situazione Franco trova la forza di stupirsi, di ammirare e di commuoversi, e attraverso i suoi testi rivivere quindi i grandi amori della sua vita: gli affetti, l’arte, la natura, le donne, la storia.
Lo stile vocale è teatrale e dinamico, e a volte nella ricerca dell'intensità vocale, l'artista si trascina fino quasi a perdere il controllo della propria voce; il modello sembra essere quello di grandi cantanti della scena pop/rock degli anni '70-'80, come David Bowie e Robert Smith. Tuttavia, rispetto ai suoi precedenti lavori, Franco sembra aver accantonato una buona parte di eccessi vocali, a favore di un cantato più scorrevole e melodico.
Quello che a mio avviso rappresenta il vero limite del disco è la discontinuità nella qualità dei brani.
Infatti alcune parti del CD non sono all'altezza dell'ottimo livello espresso per la maggior parte del tempo. Ad esempio le tracce più ricche a livello di suoni risentono in maniera sensibile dei limiti di produzione; i suoni sembrano deboli, manca profondità, si percepisce una netta differenza di qualità nella registrazione dei diversi strumenti.
In rari punti anche i testi perdono la loro eccellenza, e l'autore si concede qualche cliché e qualche facile rima (ad esempio il trittico blu-tu-più nel brano “Il tempo passerà”)
Da segnalare all'interno del disco anche una versione rivisitata del brano dei Chrisma “Lola” (che vede la partecipazione degli artemisia al completo), di cui è stato inserito anche l'ottimo video come contenuto multimediale nel CD.
Per questo disco, che per molti aspetti rappresenta una sorta di “diario musicale” dell'autore, l'impressione generale è senza dubbio molto positiva; buona parte del CD si esprime con un'ottima qualità sotto tutti gli aspetti. Rimane il rammarico per quello che poteva essere un piccolo capolavoro, e che invece resta un buon disco, frenato da alcuni cali di intensità e da una produzione non impeccabile, giustificabile solo in parte dall'ispirazione anni '70. Una cosa è certa: non è un altro inutile disco.
Ascolti consigliati
Respirando medioevo
Tra l'inferno e il paradiso
Lola
Voto: 7/10